Mazzate da cecati

L’illusione di poter gestire gli atomi sociali

In Francia, c’è un’altra rivolta, nella periferia di Parigi, a Nanterre. In Svezia, c’è chi brucia libri sacri, e per “il diritto di opinione” il governo lo ha permesso. I progetti del governo inglese di riportare indietro i migranti clandestini, in Africa o in qualsiasi parte del mondo provengano, pare che siano troppo costosi. E negli USA sono usciti dall’ipocrisia: la affirmative action, che a tanti non piaceva, è stata cancellata dalla Corte Suprema. E quello che avviene sulle coste siciliane e greche, ogni giorno, è ormai routine di sbarchi, internamenti e morti, tanti morti.

E quando finalmente si arriva, e si riesce a restare, la gente finisce in ghetti fisici e sociali. Che non è una cosa imposta con la forza: come ha dimostrato Mark Buchan ne “L’atomo sociale“, le comunità tendono a stare vicine, dove possono continuare a vivere la loro cultura, ricreando in un paese – molto diverso – un atomo sociale simile a quello che hanno lasciato.

Il problema è che questo nuovo mondo diventa spesso un “poverty trap“, cioè un posto dove le condizioni non permettono di avere un posto nella società consono alle aspettative. Ed il resto delle società, o meglio, gli altri atomi sociali tendono, anche con il solo costo della vita tipico di quell’atomo, a rimandare nel loro atomo periferico chi vorrebbe accedervi.

Conosciamo tutti, soprattutto nelle grandi città, dove è facile “mimetizzarsi”, persone e famiglie che vivono in posti che non sono alla loro portata, perché pensano che restando in quel luogo di livello superiore, possano riuscire a raggiungere uno scalino in più, o almeno farlo raggiungere ai figli.

E questa cosa, che è dura da gestire da quelli che sono del luogo, diventa quasi impossibile per chi viene da fuori, e un sogno per chi è completamente diverso dal resto dell’insieme di atomi sociali che sono tipici del posto dove ha sperato di poter migliorare.

Certo, magari mangia meglio del posto da dove veniva, ha una casa vera, magari può mandare i figli a scuola, ha l’assistenza sanitaria, ed avrà una pensione, ma le barriere invisibili delle trappole della povertà diventano ostacoli insormontabili permanenti.

Anche se gli altri atomi sociali affermano con forza che la loro è una società accogliente e che integra. Cosa che sappiamo tutti che non è così. Soprattutto se “gli altri” cominciano a diventare troppi, e troppo visibili, e soprattutto se diventano la manovalanza del crimine, crimine alimentato dal vizio della gente perbene, che mentre pretende più ordine pubblico, è la stessa che poi compra tonnellate di droga e di sesso di strada.

Una situazione di cecità totale da parte di tutti: chi arriva, non vuole vedere che lascia un ambiente fisicamente ostile ma ne troverà uno socialmente ostile. Chi vuole “accogliere” (magari per avere manovalanza a basso costo per poter far sopravvivere la sua aziendina marginale) non vuole vedere che il Nord del mondo non è l’America dei conquistadores e dei pionieri: non c’è spazio e non ci sono risorse per tutti.

E quando scoppiano le tensioni, nessuno vuol vederne le ragioni, le origini e le conseguenze di non aver voluto vedere nel passato.

C’è un rimedio? No! Perchè questi processi sono ormai automatici. Anzi sono dei riti, comprese le morti e le successive rivolte. Che poi, alla fine, solo solo modi di far vedere (a chi non vuole vedere) che si esiste, e che ci sono situazioni su cui s’invoca un aiuto che non può esserci.

Il problema è enorme, ingestibile e culturale, quindi incistato nella testa della gente, che non può e non vuole cambiare.

Genitore N

Ci sono 5 grandi crisi, di cui la classe dirigente non si sta minimamente occupando, senza neppure più commentarle, ma al più buttando un occhio alla TV, fra un forchettata di pasta, una cucchiaiata di insalata di riso o una leccata al gelato.

E siccome la classe dirigente (nessuno escluso) non s’impegna nella soluzione di queste crisi, allora perde tempo in cose che si potrebbero risolvere con un po’ di apertura mentale, da tutte le parti, e lasciando che ognuno faccia un po’ come crede, purché non danneggi i più deboli, cioè i bambini.

La guerra sui bambini che vivono all’interno di coppie non tradizionali “all’occidentale”, cioè con un genitore biologicamente maschio e uno biologicamente femmina (che non è quello che avviene, ad esempio, nelle culture dove è prevista anche la poligamia o la poliandria), è un retaggio culturale, nella maggior parte dei casi imposto dall’osservanza di una fede religiosa, che però trova le sue ragioni storiche in questioni soprattutto di ordine economico e per individuare la paternità effettiva di un bambino (nessuno vuole/voleva crescere il figlio di un altro).

Questioni che però, in alcune culture, erano state superate, ad esempio, concedendo al coniuge abile della coppia di poter aver figli con un altro o un’altra, se il coniuge non poteva avere figli.

Che è una cosa che avviene anche oggi, grazie alla manipolazione genetica (che è l’evento che modifica tutto l’impianto dell’essere genitori).

Chi si sottopone a fecondazione eterologa, ad esempio, introduce nella sua famiglia il corredo genetico di un altro individuo estraneo alla coppia, che sia una donatrice di ovuli o un donatore di spermatozoi.

Queste operazioni sono legali, e spesso sono fatte con donazioni di ovuli e spermatozoi non nazionali, perché nel nostro paese (ipocrita), le donazioni sono poche, e quindi, se mi si passa la battuta, la sostituzione tanto temuta si fa ogni giorno.

Ecco la prima contraddizione: le persone, che si dichiarano genitori di un nato ottenuto con queste tecniche, anche se non sono entrambi biologicamente genitori del nato, sono responsabili, ad ogni effetto di legge e conseguenze obbligatorie, della salute, del benessere e dello sviluppo del nuovo nato, cioè lo devono crescere, mandare a scuola, adoperarsi perché sviluppi le sue capacità.

E questa è un’altra contraddizione: una coppia di persone con un QI medio, immettendo nella sua prole il DNA di un terzo, che ha un QI molto elevato, devono, per legge, dargli le opportunità di raggiungere le sue possibilità naturali.

Ed è una cosa che accade, come quel premio Nobel che ha donato il suo DNA per fecondazioni eterologhe, che possono essere all’interno di una coppia, ma ci sono casi di single che vogliono un bambino senza che nella loro vista esista un partner, che però si scontrano con l’impianto legale esistente in alcuni paesi, che però può essere superato in scioltezza semplicemente mentendo sull’origine di quel nato.

Ma si faceva pure prima della manipolazione genetica: ragazze madri, che non volevano/potevano tenere un bambino, lo cedevano ad una coppia e il padre dichiarava che il figlio della ragazza madre era suo. E nessuno andava ad indagare, allora con i pochi mezzi per individuare con precisione da dove proviene un DNA, ma non si fa neppure adesso.

Ed è meglio non farlo: perché, come è accaduto, e accadrà ancora, ci sono e ci saranno nati con DNA di 3 persone, per riparare DNA con pezzi non buoni, ad esempio.

E poi, negli ultimi anni, c’è il fenomeno della maternità surrogata, cioè un nato da una madre che non partecipa con il suo DNA perché ospita, fino al parto, il figlio di altri, per esempio di donne che non possono avere una gravidanza, ma sono comuni anche maternità surrogate per conto di donne single, di donne “impegnate” (attrici, modelle, manager), e anche per conto di maschi.

E all’orizzonte, si profila l’arrivo dell’utero artificiale, che porterebbe a nuovi scenari, molto lontano da quelli dei patriarchi di qualsiasi religione, magari nata migliaia di anni fa.

Siccome la gente, se c’è una tecnica, ed ha un esigenza, finisce per usarla, dall’automobile al cellulare, dalla chirurgia estetica (nata per aggiustare le facce devastate dei soldati) ai trapianti, e siccome la gente, se viene ostacolata in una nazione, si sposta in un’altra, senza che nessuno possa farci niente, anche per ragioni pratiche, è chiaro che bisogna abbandonare tutti i vecchi schemi.

Abbandono di vecchi schemi, sia da parte dei conservatori, che possono liberamente continuare a fare figli come credono, ma anche da parte dei “progressisti”, che devono smettere di chiedere omologazioni legali per loro, ma chiedere semplicemente di poter avere figli come credono, ed essere obbligati, come tutti gli altri, (che si dichiarano genitori di fronte alla legge), a provvedere obbligatoriamente alle esigenze del loro bambino, comunque nato o comunque entrato in una coppia o presso un single:

chi si registra “tutore” di un bambino si obbliga a curarne ogni suo sviluppo. E se vuole farsi chiamare mamma, mamma 1 o mamma2 , papà, papa 1 e papà 2, sono affari loro nel quale lo Stato non deve né mettere il naso, ma neppure regolare.

Per lo Stato, l’unico obbligo è tutelare il minore.

E a questo punto, si potrebbe anche eliminare il matrimonio come istituto pubblico (lasciando liberi tutti di potersi sposare con i riti preferiti, ovviamente), e sempre ovviamente, tutelare i diritti patrimoniali dei figli, mentre quelli dei partner se li devono regolare davanti al notaio

Guerra nucleare più vicina

Perché VP non può vincere, e perché utilizzerà le armi nucleari.

La foto allegata, che mostra due marines, a Iwo Jima (Giappone), è stata scattata ad ottobre 1945, 2 mesi dopo la resa del Giappone (15 agosto 1945) e 7 mesi dopo la battaglia di Ivo Jima, durata 5 settimane, e nella quale persero la vita quasi 7.000 soldati americani, in gran parte marines, e dove ci furono oltre 20mila feriti. (i 18mila giapponesi si fecero uccidere quasi tutti).

Eppure, nonostante il grande sforzo logistico per portare dagli Stati Uniti al Giappone, via nave, uomini, materiali, munizioni, feriti, la logistica americana aveva posto anche per le pizze dei film.

Una cosa del genere meravigliò i tedeschi, durante la battaglia delle Argonne, quando trovarono in un convoglio americano una torta spedita da una madre al figlio al fronte: gli americani avevano così tante risorse da poter spedire una torta.

La macchina produttiva americana, ed una logistica gestita con metodi scientifici (americani, inglesi e canadesi inventarono per la guerra la ricerca operativa), permisero di vincere la guerra anche aiutando gli inglesi e pure i russi.

Oggi, la Russia sta utilizzando in Ucraina tutto il materiale bellico accumulato in 70 anni di preparazione alla guerra, ma la sua industria e la sua logistica non riescono a stare dietro ai consumi bellici, né potranno farlo in futuro.

E con un guerra che potrà durare decenni, il fattore decisivo non è l’uomo sul terreno, ma la capacità di produzione e la logistica, che poi è la stessa cosa dal tempo dei romani, che erano all’avanguardia in entrambi i campi.

A questo punto, non potendo vincere sul campo, VP utilizzerà le armi nucleari.

Qualche bomba tattica? Morti limitati, ma caos globale, con caduta dei mercati, e fuga dalle città obiettivo, comprese quelle russe, dove nessuno vorrà restare ad aspettare la bomba.

Attacco agli USA e/o altri capitali Europee? 150 milioni di morti nella prima mezzora, di cui 70 milioni di russi, cioè tutta la popolazione della Russia europea, e poi il caos, e l’inverno nucleare su tutto il pianeta.

Si potrà evitare? Difficile. Ormai è un sistema franoso che nessuno può fermare. Neppure VP stesso, e neppure i suoi successori.

Perché? Perché sono tutti vittime di una narrazione, ormai incistata nelle culture che si combattono.

I limiti (attuali) delle AI

Attenzione al nonsense coerente

Molti parlano oggi, 2023, di AI. Spesso a vanvera, senza conoscenze di base, e solo perché ci hanno smanettato un po’, e come gli indiani che vendettero l’isola di Manhattan agli olandesi per $24 dollari di paccottiglia, si fanno affascinare da perline e specchietti (per le allodole).

Le AI, quindi, non servono? Le AI non mantengono le promesse di un mondo dove ci potremo finalmente liberare del lavoro (che è poi una punizione biblica: ” Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra”)?

Le AI possono eliminare il lavoro, con tutte le conseguenze positive in termini di allargare il benessere, come hanno fatto la scienza, la tecnica e l’organizzazione negli ultimi 300 anni.

Ma siamo già a quel punto? Non proprio. Perché se parliamo di sistemi esperti, che – a migliaia – sono installati nelle grandi organizzazioni da decenni, sicuramente funzionano e sono molto produttivi, anche se la maggior parte della gente non li vede all’opera, ma ne subisce gli effetti, come quando chiedete un mutuo, un prestito o una carta di credito.

Ma aiutano anche nella determinazione di guasti di apparati complessi, come un aereo o un locomotore, e sono anche a bordo degli aerei per pilotarli, e anche nella vostra automobile.

Quindi, un automa, che sia il robot che salda le lamiere di una BMW o che sia un software che analizza il vostro merito creditizio per darvi un prestito, sono utili e indispensabili, a meno che uno non sia un imprenditore marginale che s’illude di poter continuare un’attività pagando poco o niente degli schiavi umani. Cosa purtroppo non infrequente.

Allora cos’è tutta quest’enfasi, questa frenesia sulle nuove AI?

Effettivamente c’è una novità: le AI generative, cioè applicazioni, che sono state riempite di miliardi di dati – miliardi di dati che oggi sono disponibili, perché quasi tutto lo scibile umano è stato digitalizzato, ma non tutto – e che permettono all’applicazione di fare delle cose molto sofisticate, che meravigliano per la loro capacità di imitare quello che farebbe una persona, che, alla fine della fiera, fa un lavoro meccanico che può essere imitato da una macchina.

Il problema dell”entusiasmo eccessivo è che chi fa le domande o pone dei compiti ad una AI generativa, è una persona limitata, che fa domande banali.

Provate a fargli delle domande, neppure troppo complesse, e non sarà capace di rispondere, neppure come farebbe Google alla stessa domanda, cioè con una lista di cose, che spesso non c’entrano, o vengono fuori nei primi posti perché qualcuno ha pagato.

Ho fatto una domanda banale per qualsiasi essere umano, che dovrebbe rispondere o “non lo so”, o dare la risposta giusta, o se ha dei dubbi, chiedermi un chiarimento.

La domanda posta era. “in quanti metri atterra un greyhound?”


Ho fatto la domanda a Google, che tira fuori la solita lista – poco utile – dove si deve fare un ulteriore ricerca “manuale” per cercare la notizia.

Alla stessa domanda, ChatGPT ammette di non sapere.


Mentre Bing AI fornisce due risposte perché non sa se la mia domanda riguarda un greyhound animale, cioè un levriero o un Grumman C-2 Greyhound, cioè un areo imbarcato sulle portaerei americane e francesi, che era la risposta che mi serviva.


Quindi Bing AI è più brava, ma non molto efficiente! Perché se chiedo “in quanti metri atterra un greyhound?”, qualsiasi persona che sappia cosa sia un greyhound cane o un greyhound aereo, darebbe subito la risposta relativa alla lunghezza della pista necessaria per far atterrare un Grumman C-2.

Qualche Pierino potrebbe dire che magari se avessi chiesto “in quanti metri atterra un Greyhound?” avrei fatto una domanda semanticamente e grammaticalmente corretta. Ma se parlo di “atterrare” è normale che una entità capisca che i levrieri non atterrano mentre gli aerei di solito si, e quando parliamo, non mettiamo le maiuscole.

Non è una demolizione di questi strumenti, ma un avvertimento che quello che si ha di fronte è un idiot savant, e non un savant e basta. E quindi, è meglio prendere le risposte cum grano salis, cioè aggiungendo quello che è ancora umano e solo umano: il discernimento. E quindi non fidarsi completamente delle risposte delle AI generative, come spiega anche il MIT perché questo tipo di AI possono generare un nonsense coerente cioè qualcosa che sembra razionale, ma che non lo è quando la si esamina con discernimento e conoscenza dell’argomento, e che può essere stato indotto da una persona che non conosce l’argomento e quindi induce la macchina a dare belle risposte ma che sono senza senso.