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In una piazza di Napoli, hanno esposto quest’opera di Michelangelo Pistoletto: la Venere degli Stracci.
Un opera il cui simbolismo è così chiaro che può essere negato solo da chi ha il “mariuolo in corpo”, cioè sa di essere colpevole del suicidio di massa cui ci sta conducendo per eccesso di consumismo.
Al posto delle “pezze”, cioè vestiti di plastica e simil cotone che affollano armadi e discariche, ci poteva essere qualsiasi cosa, come bottiglie di alcol, un quintale di dolciumi, bidoni di benzina, una cianfrusaglia di cellulari e tablet volutamente obsoleti, e qualsiasi altra ferraglia che si compra per far finta di non essere più poveri come lo erano padri, madri e nonne.
Non c’è praticamente più acqua, i ghiacciai si sciolgono, metà delle terre agricole americane sono siccitose, eppure giungono notizie della ditta X che abbassa i prezzi al livello della ditta Y per invogliare a comprare sempre nuove pezze, e ancora altre pezze, e ancora altro zucchero ed alcol, nonché sempre nuovi dispositivi il cui scopo è pubblicizzare la vendita di sempre più pezze, sempre, che poi finiranno in discariche ad inquinare.
Un loop infinito?
No, prima o poi, finirà, perché i consumatori diminuiranno per cause naturali, perché non avranno più acqua da bere, o si dovrà rinunziare alla coltivazione del mango e dell’avocado, ma pure del caffè e del tè per coltivare grano, riso e patate.
Le pezze saranno pure belle, ma non si bevono né si mangiano