Effimereide 1

Dell’inutile sbattersi di miliardi di umani

C’è una parte dell’umanità, conscia che deve morire, e che – perciò – cerca disperatamente di lasciare una traccia di se, nel bene e/o nel male.

C’è chi inventa, chi compone, chi fa ricerca, chi s’esibisce, chi cerca la gloria nello sport e in azioni estreme, oppure ammazzando un qualsiasi “nemico”, anche inventato, pur di finire sui libri di storia come padre della (sua) patria e assassino di gente di cui non sapeva niente prima di sventrarla.

E poi c’è tutto il resto dell’umanità, che cerca di nascondere la propria morte – sempre in agguato – immergendosi in un tran-tran di cose in gran parte inutili.

Cose costruite dalla narrazione, fatta da profeti (sempre falsi) e da narratori (del primo tipo) che per la loro gloria inventano storie di amori, passioni, gesta iconiche che finiscono per intrappolare gli umani del secondo tipo in una vita che non produce niente di notevole.

Niente che meriterebbe di essere ricordato, sempre ammesso che poi, nei prossimi milleni qualcuno si ricordi della provincialotta esibizionista, che sfila – scosciata fino alle creste iliache – su di un effimero red carpet, dove, alla fine, c’è sempre l’oblio e la morte.