E se le quote rosa obbligatorie diventassero poi un altro modo per dare il potere a un’elite rosa che, traguardando il mondo solo attraverso i propri occhiali griffati, perdesse di vista gli obiettivi di una parte – non importa quanto consistente – delle altre donne?
E se alcune donne volessero solo fare le casalinghe, e quindi avere leggi che si occupino di questa professione come, ad esempio, un sistema fiscale che agevoli le famiglie monoreddito?
E che fare per le altre che vorrebbero il part-time, e quindi asili nido e rapporti di lavoro decenti
e un futuro previdenziale?
E infine, come provvediamo per quelle che amano il lavoro – e anche avere una famiglia – per le quali il tempo pieno scolastico sarebbe un’ottima provvidenza, così come i congedi parentali condivisi e la detrazione dei costi dei collaboratori familiari?
Ma qual’è la verità? Che vogliono veramente le donne, cioè tutte le donne, e non l’elite rosa?
E’ stata mai fatta un’analisi demoscopica (non partigiana) di what women want?
Non credo, forse perchè i risultati sarebbero spiacevoli per chi vuole che il mondo giri secondo le proprie belle costruzioni di donne che parlano quattro lingue, tre lauree, due master e dedite solo alla carriera?
Perciò, quello che è da evitare è che l’elite rosa, magari benestante e senza il vissuto dei problemi bagatellari quotidiani, pensi che quello che è buono per loro vada bene per tutte le altre.
Che poi è il problema italiano, dove le classi dirigenti – di qualsiasi colore esse siano – sono chiese, dove qualcuno scrive sacre scritture e tutti gli altri si devono adeguare al verbo fai quello che ti dico io, ma non fare quello che faccio io, come insegnano i recenti scandali bi-partisan di moralizzatori a senso unico obbligatorio.