L’impatto con un apparato qualsiasi della Pubblica Amministrazione è quasi sempre un’esperienza che va dal defatigante all’allucinante, e avere a che fare con tre uffici pubblici nella stessa mattinata diventa un film horror che neppure il povero Stanley Kubrick avrebbe mai saputo girare.
Una mattinata con la PA è peggio di un soggiorno nell’Hotel Overlook di Shining o dello scontrarsi con HAL 9000, il computer che impazzisce sull’astronave che viaggia verso Giove di 2001 Odisea nello spazio.
Si comincia alle 8:30, in un palazzo del solito Piacentini, architetto preferito da Mussolini, un palazzo che sta lì dagli anni 30, quando c’erano gli scrivani, quelli con penna, calamaio e carta assorbente, e non i computer con i loro efficienti terminali collegati in rete. Ma le procedure sono rimaste le stesse del 30.
Infatti, per cambiare un IBAN e spostare un accredito bancario da una banca ad un’altra, hanno impiegato due mesi di calendario.
Ma non finisce qui, perché la cortese operatrice, pensando che volessi cambiare al momento l’IBAN, mi dice che non lo può fare, perché loro, la richiesta di cambiamento, la possono prendere in carico come domanda ma poi la devono spedire per posta alle sede territoriale di competenza, anche se l’ente è unico, nazionale e tutti i suoi dipendenti sono collegati allo stesso sistema informatico (infatti, la cortese operatrice poi vede che la variazione è stata già fatta).
Dal che risulta che l’Italia amministrativa è divisa in regni indipendenti, con barriere digitali invalicabili, e superabili solo tramite le Poste Italiane, che si spera mandino la posta con mezzi moderni e non con messaggeri a cavallo, anche se c’è da dubitarne visto che per cambiare un IBAN ci sono voluti 60 giorni.
Ora, e ciò premesso, non è meraviglia che ancora oggi, ben oltre il 2001 di Clarke e Kubrick, il giornali raccontino di gente che continua ad incassare le pensioni di parenti morti da anni o che l’INPS mandi una raccomandata per recuperare un centesimo, pagabile però anche in comode rate.
E vi lascio le altre due disavventure, una delle quali avrebbe fatto vergognare Kafka e Joseph Heller, quello di “Comma 22“, per l’assurdità delle procedure che la PA utilizza per torturare ed avvilire i cittadini contribuenti.