Ricchi e morituri

Vecchiette e computer

La notizia curiosa del momento è che Sergey Brin, uno dei fondatori di Google, – uno che a 41 anni possiede 24 miliardi di dollari, una cifra che gli permetterebbe di spendere (senza lavorare) 400 milioni di dollari ogni anno, cioè più di un milione di dollari ogni giorno – ha un problema che, ahimè, affligge noi tutti: prima o poi dovrà morire.

Come tutti. Come è morto Steve Jobs e come è morto Don Verzè, il prete affarista che prometteva a Berlusconi l’immortalità.

E sí! Dev’essere proprio terribile essere ricchi sfondati e sapere che, prima o poi, una caduta per le scale, la cacarella o il catarro ti rendono uguali uguali agli altri: un mucchietto d’ossa su cui la gente piangerà tre giorni per poi passare alle liti per dividersi l’eredità.

Cosí il ricco talentuoso Brin, invece di aiutare con la sua ricchezza quei tanti bimbi che muoiono di fame e malattie, ha pensato bene di finanziare la ricerca biologica per diventare immortale, o almeno vivere un poco in più di quanto è già scritto nei suoi cromosomi.

Ma cosa accadrebbe se veramente alcuni potessero vivere più a lungo di altri o addirittura diventare immortali?

Ce l’ha descritto Robert Heinlein nel romanzo “I figli di Matusalemme” dove mostra la vita da incubo di coloro che possono vivere centinaia di anni in un mondo dove tutti gli altri crepano, prima o poi.

Praticamente devono nascondere al mondo questo loro privilegio, perché non ci sarebbe invidia più grande di chi vede una persona cara morire mentre il vicino di casa passa allegramente (e in buona salute) i duecento e passa anni di età.

E poi c’è il problema che uno può anche diventare immortale, ma come vive chi sa che la sua immortalità non è invulnerabilità?

Cosa farebbe uno che sa che la sua immortalità è a rischio di un incidente di auto, di una banale caduta sugli sci o di prendersi un virus mortale?

Diventerebbero tutti come Howard Hughes, il miliardario che visse recluso per anni per paura di essere toccato?

Al momento possiamo solo ipotizzare quello che forse un giorno accadrà. Dobbiamo solo sperare ci arriveranno preparati, come singoli e come società, cosi come Brin e gli altri miliardari dovrebbero prepararsi alla loro inevitabile morte e godersi, intanto, i 60 anni che gli restano, magari impegnando il loro talento e il loro denaro per alleviare le sofferenze giornaliere di tanti altri comuni mortali che chiedono solo una vita migliore, anche se a termine.

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