Per far dispetto alla moglie

Prima o poi i tanti vulcani che festonano l'Italia meridionale faranno danni, e d'altra parte è nella loro natura emettere lava, cenere e lapilli e poco si può fare oltre che squagliarsi al sicuro il più presto possibile.

Ovviamente fra imbecilli che si attardano a guardare l'eruzione e poveri cristi che crepano per puro caso, il vulcano farà un po' di morti.

Decine? Centinaia? Migliaia?

Certamente non centinaia di migliaia o milioni come si augurano quelli che scrivono "Forza Etna" e "Forza Vesuvio"!

Perchè è chiaro che più sará tempestivo l'allarme più gente si salverà, e più sarà grande il disastro e più gente dovrà emigrare.

Dove? Bella domanda con risposta obbligata.

Una volta suonato il si-salvi-chi-può la gente dovrà andare, per giorni, mesi, o anche per anni, dove riprendere una vita normale.

Ora escluso che centinaia di migliaia siano accolti oltremare quali novelli profughi in fuga dagli orrori della guerra, è geograficamente sicuro che andranno verso nord, verso Roma, la Toscana, l'Emilia e l'Alta Italia.

E certamente non saranno i modesti Appennini, comodamente percorribili da numerose autostrade, o i modesti fiumiciattoli italici, scavalcati da ponti di tutti i generi, a fermare le masse in fuga.

Perciò questo augurio per un risveglio dello sterminator Vesevo è simile a quello di quel tale che, per far dispetto alla moglie, si separò dagli attributi!

Ricchezza effimera

Quando i padroni del vaporetto italico vogliono rassicurarci fanno i giocolieri con i numeri, e speriamo che gli equilibrismi statistici siano solo mediatici e non colossali operazioni di window dressing come quelle fatte dai greci che, per inciso, hanno dimostrato di essere sempre quelli del cavallo lasciato sulle spiaggie iliache per quei quattro fessacchiotti dei troiani.

Cosa ci racconta il grande timoniere di turno (SB o RP è l'istess!) e ii vari nocchieri e metereologhi delle finanze italiche?

Pare che tutto vada bene (ma sempre relativamente al resto dei PIGS!) perchè, a fronte di un immane debito pubblico, risulta che la popolazione è poco indebitata e che le formiche italiche sono ricche con perchè tanti dindini da parte cui bisogna aggiungere il loro patrimonio immobiliare.

Dati abbastanza discutibili che possono dimostrare proprio il contrario di quanto vogliono propinarci.

Gli italici non s'indebitano, è vero ma questo può dipendere anche da fattori negativi che si auto-alimentano: il numero di occupati (rispetto agli occupabili) è molto basso e i redditi familiari e d'impresa sono scarsi e, a fronte di una bassa redditività le banche, "non" possono largheggiare con i prestiti.

Gli italici hanno grandi risparmi e, fra questi, possiedono, direttamente o indirettamente, tramite le banche e i fondi, metà del debito pubblico italiano (850 miliardi di euro) che non è un cespite facilmente liquidabile se ad averne bisogno fossero in tanti.

E se lo stato si trovasse nelle stesse condizioni della Grecia sarebbe problematico privilegiare gli italiani invece delle banche estere.

Poi ci sono gli immobili, che valgono tanto, ma sono pur senpre immobili e non facilmente liquidabili, oltre il fatto non secondario che il loro valore vale solo per altri italici che vogliano pagare le cifre chieste per quell'immobile, in altri termini le case non hanno un valore assoluto ma quello di mercato…se c'è un mercato!

Quindi di cosa sono ricchi gli italici?

Di chiacchiere, come al solito.

Matrimoni d’interesse

I matrimoni d'interesse di solito funzionano bene: trattasi di una forma ipocrita di prostituzione e perciò funzionano, sopratutto se le parti sono addivenute liberamente all'accordo, senza se, ma e intenzioni recondite di violare regole non scritte, ma pur sempre regole da osservare per mantenere l'unione.

La UE e il suo sottoprodotto, l'euro, sono un matrimonio d'interesse fra paesi ricchi e mercati appetitosi ma debolucci per il brutto vizio della politica di mantenere quello che si è promesso in campagna elettorale, promesse che costano e che richiedono soldi che non ci sono se non facendo ricorso al debito.

Certo, al momento del matrimonio, i paesi con le mani bucate hanno promesso di ravvedersi e di perseguire comportamenti virtuosi degni della ricca famiglia che li accoglieva, ma mantenere un precetto di virtù quando da lustri si è abituati a spendere più del possibile, è abbastanza impossibile per certe classi politiche, e oggi abbiamo il redde rationem della Grecia e del Portogallo che, con effetto domino, trascinerà nei bassifondi anche Spagna e Irlanda con la possibilità che si estenda all'Italia con il terzo debito pubblico del mondo.

Perciò qualcuno si domanda oggi se questo matrimonio s'aveva da fare e se non sia il caso di procedere ad una convivenza da separati in casa dove i bravi si tengono l'euro e gli altri tornano alle loro lirette, dracme e pesos.

Forse non si arriverá a tanto, ma certamente gli stati spendaccioni dovranno essere messi sotto tutela come si fa con le aziende in crisi prefallimentare.

Ma chi possiede un'immagine super partes per fare da tutore senza che si pensi a suoi interessi privati.

Certo nessuno degli stati europei e neppure le istituzioni comunitarie che sono sempre espressioni dei paesi membri.

Forse l'unica è chiedere all'FMI di fare il curatore, ovviamente con l'idea non dicibile che dietro all'FMI ci siano gli USA che dovranno di nuovo venire a mettere in riga i discoli europei, questa volta senza mandare G.I. e Marines.

Creditori mobili

Per anni i politici, causa principale del gigantesco debito pubblico italico, ci hanno terrorizzato dicendoci che metà del debito è in mano agli stranieri e dietro di loro famosi economisti e giornalisti ad orecchio che ripetendo la stessa cosa dimenticavano che, se metà è in mano agli stranieri, l'altra metà deve essere in mano agli italiani, vale a dire che, dei 1700 miliardi di euro di BOT, ben 850 miliardi sono posseduti dagli stessi italiani.

Oggi, che la Grecia è crollata sotto un debito i cui creditori sono banche straniere, quel tesoro di Ministro di Tremonti si dice non preoccupato perchè il nostro debito pubblico è in gran parte posseduto dagli italiani.

No comment!

Crowdsourcing mito e realtà

Nell'ansia di pensare qualcosa di nuovo (per vendere) e mistificando o estendendo, fuori tema, certe tecnologie e certi fenomeni, si corre il rischio di creare l'illusione di aver individuato dei trend dai quali si cercano poi, inutilmente, ritorni economici e culturali.

Una di queste ansie è quello che si chiama crowdsourcing o co-creazione, la metodica che apre il processo di creazione di prodotti e servizi alle masse degli stake-holders dell'azienda.

Un'idea che ha delle serie basi scientifiche (vedi gli studi di Eric von Hippel del MIT) ma, more solito, è stata in parte mistificata e in parte estesa troppo, ben oltre le sue possibilità effettive quando si ritiene che "lá fuori" ci siano migliaia di persone capaci e in grado di fornire un'idea vincente, un'innovazione che nasce dalla strada, un po' come quegli attori presi per strada dai registi neorealisti per dare un tocco di vera miseria alle storie del nostro miserabile dopoguerra.

La prima cosa da dire è che la co-creazione può essere utile in settori maturi ma ha minori probabilità di successo se si cerca l'idea completamente nuova, insomma, il popolo può suggerire modifiche e/o utilizzi diversi di quello che c'è, ma è difficile che s'immagini un qualcosa che non c'è.

Se Ford avesse chiesto alla gente cosa volesse, i consumatori avrebbero chiesto migliorie a calessi e carrozze ma nessuno avrebbe immaginato un veicolo senza cavalli.

L'altro elemento importante è la necessaria partecipazione emozionale del pubblico e questo implica che il co-creatore sia un brand-lover, cioè uno che adora il marchio e ne desidera sempre più successi, in un certo senso, è l'amore che lo spinge a suggerire modifiche e usi diversi dei prodotti/servizi o allargamenti del marchio in altri settori.

E la partecipazione emozionale la si ottiene con un lungo lavoro di brand awareness il che significa che è nell'azienda che sono stati pensati i prodotti che si vendono; dopo si potrà pure chiedere di migliorarli, ma resta la necessità di creativi e inventori interni, di un marketing non in poltrona ma in giro per il globo a capire che cosa vuole il pubblico.