Ci sono aziende che vogliono che la gente torni in ufficio, ci sono quelle che si sono già organizzate per il lavoro ibrido, e chi ha già deciso di avviarsi decisamente a ridurre drasticamente il lavoro in ufficio.
Dal lato dei lavoratori, ci sono gli stessi atteggiamenti: c’è chi non vuole proprio tornare, perché ha scoperto i vantaggi di non dover andare tutti i giorni a convivere con estranei, a combattere con estranei nelle strade e nei vagoni puzzolenti dei mezzi di trasporto.
Altri lavoratori, soprattutto i giovani che credono il loro lavoro sia visto dall’azienda come indispensabile e degno di aumenti e promozioni, che corrono a vaccinarsi perché vogliono il passaporto per uscire di casa e chiudersi nel loro cubicolo all’interno di open-spaces che forse verranno eliminati per un ritorno ad uffici chiusi, onde evitare contagi.
Le aziende che vogliono il ritorno in ufficio sono di due tipi: militarizzate (e tossiche) e quelle che non hanno la testa o il denaro per automatizzare.
Le aziende militarizzate sono quelle dove c’è l’ossessione per il controllo dei lavoratori, che spesso è dovuta anche ad un’organizzazione del lavoro caotica ed episodica, senza pianificazione, aziende molto conflittuali, spesso caratterizzate da rapporti tossici sia in verticale sia fra colleghi, ed anche con gli stake-holders.
Il secondo tipo di aziende sono quelle che non hanno la testa e/o i denari per automatizzare il flusso del lavoro, per cui il lavoratore, inchiavardato al remo, mentre il capetto batte il tempo e minaccia la frusta, è l’unico modo che hanno per tentare di sopravvivere fino all’inevitabile acquisizione da parte di un concorrente o il fallimento.
In definitiva, chi non può, non sa o non vuole approfittare di questo superenalotto che è la pandemia, per creare finalmente un’azienda snella, automatizzata e che possa funzionare anche senza la gente in presenza, è sicuramente destinata a un futuro molto incerto, per cui, il lavoratore furbo farebbe bene a cercarsi un altro posto oggi prima di finire a mendicarlo domani.