Non ci serve un grillo saggio


In un paese di Pinocchi, bravissimi a mettersi nei casini e sempre pronti a chiedere un tocco di bacchetta magica allo stregone di turno, mancava un grillo parlante. E l’abbiamo trovato!

Un grillo che parla, parla, parla, parla. Che magari dice pure cose giuste e denuncia fatti veri ma, purtroppo, come il grillo di Collodi, sa solo fare da specchio delle malefatte dei politici e dei loro 4 o 5 milioni di loro pretoriani, clientes, famigli e famiglie.

Il problema che a Grillo, e come prima a Bossi e a Di Pietro, manca la capacità di vedere il quadro d’insieme, the big picture, come dicono gli americani; e se non si ha questa capacità (in un mondo complesso e iperconnesso) é difficile elaborare una seria strategia per uscire dalle sabbie mobili fatte di debiti, crisi strutturale, necessità di essere moderni e sopratutto capire che ruolo dobbiamo avere nella macchina mondiale.

Manca a lui (e pure a tutti gli altri!) una strategia! Ed questo é il nostro male: vivere alla giornata, dell’eventuale. Sperando che la risacca porti a riva qualche marine che cacci i tedesconi cattivissimi e magari ci porti pure un bel pacco di dollari di aiuti.

Ma quel tempo e quell’età sono finiti nell’89. L’unico asset che valeva qualcosa era il nostro territorio come base strategica. Ma l’unico nemico s’é squagliato. Senza combattere. E quelli del KGB sono corsi a spartirsi le spoglie dell’URSS. Al più, agli americani, basta Sigonella, che é cosa loro.

Insomma, é inutile aspettare che arrivino i nostri. Non verrà nessuno. Nè vicino, perché ha guai come i nostri o sta per finirci con tutte le scarpe. E neppure lontano, perché anche i cinesi hanno le loro belle gatte da pelare, visto che si parla di colpi di stato e d’importanti congressi del PCC rimandati.

Siamo soli, e pure separati in casa con gli alleati europei, di cui é evidente la voglia di tutti di sostituire al tutti per uno un più prosaico egoistico ognuno per se e Dio per tutti.

Questo lo scenario e giuste le denunce del grillo sapiente che, proprio perché sapiente, sa. Ma una volta che sappiamo, che facciamo? Una volta tolte le termiti, cosa ne facciamo questo edificio marcio? Qual’é la strategia per raddrizzarlo e rafforzarlo? Non sembra che ce ne sia una che sia una. Si rivede solo un film già visto: personaggi nuovi, saliti al soglio a furor di popolo, e senza un minimo di progetto.

Oscar in tono minore

Peppuccio Tornatore con il suo pretenzioso (e noioso) Baaria non è stato nemmeno ammesso alla gara, mentre si resta in gara per la fotografia e il trucco di Sorrentino come sulfureo Giulio Andreotti, una metafora su quello cui gli italici possono aspirare come posto nel mondo: grande artigianato ma fuori dai grandi discorsi culturali fra cui la capacità di una società di parlare di se, spudoratamente e senza quelle remore di pestare i piedi a qualcuno.

Proprio quello che mancava a Baaria, ma anche ad altri film italici manifestamente lavori che servono più a nascondere che a rivelare con la dovuta brutalità su cos’è oggi la società italica dove sembra applicabile l’immortale frase di Nino Manfredi che er meglio c’ha la rogna.

Rivelare ed esporre la verità è il compito dell’artista, cosa che riesce ad emergere anche da un film di fanta-scienza (o fanta-sociologia?) come Avatar dove vengono fuori, con prepotenza e pregnanza, temi come l’ecologia, lo scontro culturale, i problemi dell’America forse stanca (e indebita) per continuare a portare il Verbo della democrazia in posti come il Medio Oriente, la Cina e il Sud America dove la libertà è un grosso fastidio da barattarsi ASAP con la comoditá di affidarsi pienamente a un demiurgo, a uomini della provvidenza, a un faso-tuto-mi che pretenderà , in cambio, enormi privilegi, più o meno simili a quelli dei capi delle bande criminali.

D’altra parte l’America ha ormai un’esperienza quasi secolare dell’inutilità del portare la democrazia nel mondo visto che in nessun paese ripulito da dittatori e capataz c’è riuscita, e quelli che sembrano casi di successo (Germania e Giappone) lo sono perchè sono paesi sconfitti, ancora occupati militarmente, e che scontano, con l’adeguamento forzoso alle direttive dell’occupante, le gigantesce sanguinarie colpe del passato.

Per quanto riguarda l’illusione di avere un paese democratico nella penisola non credo sia mai stato nelle previsioni americane che mettevano in conto l’obbligata e necessaria acquiecenza alla politica vaticana (che è sempre meglio avere affianco se si deve combattere un nemico ateo o che crede in un atro dio) e al fatto che, data la posizione stratetica della Sicilia, era meglio non avere a servizio permanente effettivo un governo libero e demo-cratico, ma, al più, uno docile e demo-cristiano che faceva con obbedienza, zelo e nefandezze l’interesse di due padroni.

Perciò dobbiamo accontentarci di gareggiare, anche per gli Oscar, nelle gare minori perchè il cinema italico non è più in grado di stanare la societa e riesce solo a confezionare storie che si fermano opportunisticamente in certi anni in modo da evitare di parlare della brutale schifosissima attualità.