Il voto della paura

Denaro e paura Filiale di una banca in un posto non particolarmente ricco del paese.

100 milioni di euro investiti dai clienti risparmiatori, in media cento mila euro a risparmiatore, ma c’è pure chi ha 5 milioni di euro e chi solo 20.000.

Mille persone che certamente non hanno sofferto per l’aumento della ritenuta dal 20% al 26% sulle rendite finanziarie.

La maggior parte compra BOT, rendono poco, non sono tassati, non è un grande investimento, ma la gente non ha tutta quella competenza per avventurarsi in borsa, comprare corporate bond, derivati e altri strumenti esotici.

Al massimo fa polizze sulla vita, pure queste non tassate.

E se pure qualcuno di loro avesse scelto di investire in strumenti tassati, che al massimo rendono il 3% l’anno, se prima su 100 mila euro pagavano 600 euro di tasse, con la tassazione al 26% l’imposta è 780 euro, quindi un aggravio di soli 180 euro, cioè due settimane di spesa, ma non fatta dalla Picierno ma da una famiglia normale.

Ora, data questa fauna di risparmiatori, molto diffusa in Italia, è chiaro che uno come Grillo (e l’inquietante Casaleggio) avrebbero spaventato questi che già si vedevano inquisiti da tribunali popolari pronti a chiedere ragione di come, in un paese a fine corsa, praticamente fermo, uno abbia 100 mila euro in banca mentre il povero Renzi deve ricorrere alle più fantasiose manovre contabili per giustificare 80 euro in busta paga, ma non per tutti.

In questi minus habens finanziari, ma ancora con il salvadanaio bello grasso e tondo, devono essere scattate paura, incertezza e dubbio, se buttarsi o meno in braccio ai due milionari barricadieri proprietari del cinque stelle.

Perciò, scartato il Berlusca azzoppato e il pulviscolo degli altri partiti, hanno votato uno che altri danni non ne può più fare.

Oddio, non può fare neanche niente di buono, visto che non ci sono soldi per gli investimenti pubblici, non c’è capitale di rischio per innovare nelle aziende (ammesso che abbiano la testa e la visione per innovare) e le riforme possono spremere, da un bilancio dello stato incomprimibile, null’altro che spicciolo per dare 80 euro anche a pensionati e cocopro.

I redditieri hanno scelto chi gli faceva meno paura, un simpatico Pinoccio che ha martellato il Grillo, spera di trovare un Mangiafuoco che gli regali tre zecchini dorati ma che sotto sotto spera che una delle sue colleghe sia una fatina con tanto di bacchetta magica d’ordinanza.

Monti e il sudoku

A quanto pare le varie ghenghe politiche vanno alle elezioni con due profonde convinzioni: che non ne uscirà una maggioranza e che alla fine dovranno riaffidarsi a Monti, che è ormai per gli stranieri una garanzia in quanto è un tecnico.
Ma è proprio quell’essere “tecnico” che porterá un governo Monti “politico” a fallire qualsiasi obiettivo, sopratutto la ripresa economica e la riduzione della disoccupazione.
I tecnici infatti, i bocconiani e quelli che albergano a Via Nazionale, credono che un’economia sia una specie di sudoku che, per quanto complesso, ammetta un certo numero di soluzioni finite fra cui si possono selezionare quella più adatta.
Il problema è che questo non è per niente vero, e che qualsiasi manovra classica (monetaria e/o fiscale) non solo altera i paramentri del gioco, trasformandolo in un altro, ma, essendo le soluzioni applicate fra quelle prevedibili, accade che chi fa parte de sistema si adegua subito a manovre ben note e senza fantasia, vanificando del tutto le operazioni del governo.
Monti, classico giocatore di sudoku, circondato da furbi giocatori di rubamazzetto, fallirà se applicherá logiche analitiche e razionali ma, data la natura dell’uomo, è molto difficile aspettarsi da lui che cambi registro e improvvisi qualche cosa di non usuale.

La ragione? Perché lui non può sfuggire alla regola che ogni azione pubblica, che non sia usuale, o è sbagliata, oppure, se giusta, costituisce un precedente pericoloso.

Elezioni sarde in sordina

Delle elezioni in Sardegna pare che non interessi a nessuno e di questo se ne dolgono i giornalisti difensori, un tanto a marchetta, della democrazia.

Ma, trattandosi di un’elezione regionale perchè dovrebbe fare rumore? In fondo riguarda solo 1,6 milioni di abitanti e non può essere considerata per niente un test, pro o contro qualcuno, anche perchè le recenti vicende economiche dimostrano che nessun governante può fare alcunchè, e non solo da noi, basti vedere cosa sta succedendo in UK dove hanno praticamente perso il controllo della situazione bancaria.

Nasce però un problema: le strutture di governo locali e nazionali non sono più adatte in un sistema planetario altamente interconesso dove è più importante cosa avviene a NYC piuttosto che a Cagliari o a Roma.

E’ la nostra classe dirigente (nessuno escluso) che crede ancora di poter influire su processi che sono diventati abbastanza automatici, basati principalmente sull’ingordigia di executive e dei loro azionisti che (passata l’attuale buriana) si spingeranno di nuovo verso mete ancora più azzardate, sicuri che nessuna punizione adeguata sarà loro comminata.

E mica siamo in Cina dove per un po’ di latte alla melamina si finisce con un colpo di pistola alla nuca; nell’Occidente democratico si va solo in galera. Forse.

Qualcuno si ricorda di un certo Michael Milken, l’inventore dei titoli spazzatura, quelli che oggi si chiamano tossici? E’ stato condannato a 10 anni, ma ha fatto solo 22 mesi di carcere.

Ne è valsa la pena?

Secondo Forbes, Milken ha oggi un reddito netto di 2,1 miliardi di dollari che ne fa la 458ma persona più ricca del pianeta.

Vedete un po’ voi se è il caso di preoccuparsi delle elezioni in Sardegna.