Letta il Vecchio

Il pranzo del Gattopardo
Il pranzo del Gattopardo

Non parlo dello zio di Enrico Letta, quello che avrebbe dovuto essere il Visir di SB, consigliandogli strade sicure e percorsi poco accidendati.
Come è andata si sa: SB resta un riccastro con soldi, media e un partito politico maggioritario, a disposizione H24, che mai cancellerà dai libri di storia il bunga-bunga, la nipote di Mubarak e i salemelecchi di 400 hostess a Gheddafi.

Per non parlare di un’economia al collasso, riforme liberali mai fatte, una Pubblica Amministrazione sempre più inefficiente, arrogante e debordante.

Parliamo di Letta Enrico, un giovane quarantenne, un esponente di quella generazione perduta il cui unico desiderio è il potere, nella PA come nel privato.

E lui, Letta Enrico il Giovane Vecchio, l’ha avuto il potere. E pure il supporto del giovane Renzi e di un vecchio Presidente, quello che utilizza ogni mezzo per tenere in piedi un governo d’emergenza che però tutto fa meno che occuparsi dell’emergenza.

La verità è che Letta è un vecchio democristiano (appoggiato da un vecchio comunista) che non vuole distruggere il controllo dal centro di ogni piccolo più piccolo borgo, offrendo al potere locale modo di lamentarsi del governo centrale (che gli impone imposte e tasse cervellotiche) e la scusa per mantenere in vita società partecipate il cui unico scopo è sistemare parenti, amici e benefattori, oltre a dare lavoro a imprese che vivono solo di appalti pubblici.

E se non si taglia questo immondo legame fra centro e periferia, il debito aumenterà sempre di più e la PA centrale e periferica continuerà a difendere la sua esistenza, creando soli problemi a chi produce e fa vivere il paese.

La prova?

La pagliacciata delle città metropolitane e la non eliminazione delle province.

Come dire: siamo oltre il gattopardismo “del tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”.

Siamo al tenersi quello di prima aggiungendo mani di stucco su una macchina ormai più ruggine che vernice.

Letta e la coda del ramarro


Campagna formiana.
Assolato pomeriggio d’estate.
Urla dalla cucina.
Sulla soglia c’è Pezza, la gatta, che guarda qualcosa che si muove per terra.
È stupita. Perché lei, la gatta killer, una che abbiamo visto inseguire una donnola per tutta l’aia, ha portato in regalo un ramarro. Grande, verde, brillante.
Ce l’ha in bocca, fra quei suoi canini feroci.
Non lo vuole uccidere, ci vuole giocare.
Lasciarlo andare, riacchiapparlo, dargli una zampata per rimbambirlo di paura, riprenderlo e lasciarlo, finché non si stuferà.
Un bel pomeriggio di giochi rovinato.
Perché il ramarro ne approfitta.
Cala l’ultima carta a disposizione.
Si stacca la coda, il meraviglioso meccanismo che gli ha concesso la natura.
I nervi che la percorrono continueranno a dargli spasimi, il gatto si distrarrà e la coda ricrescerà lunga come prima.

Pezza Glory

È un po’ quello che sta cercando di fare Letta il Giovane per distrarre forconi, renziani e grillini.
Un po’ di leggi di facciata e qualche altra inutile minuzia per prendere tempo, per rifugiarsi di nuovo nella selva dei riti politici, sperando di comprarsi i gatti inferociti che lo vogliono morto.
Com’è sempre stato: cooptare i capoccia della rivolta, assegnargli poltrone, farli esibire da Vespa e dalla Gruber, per continuare il saccheggio nelle tasche dei cittadini inermi.

Cosa vuoi che sia tagliare il finanziamento pubblico ai partiti?
È perdere la coda per distrarre il gatto.
Poi ricrescerà, come rinascerà il finanziamento ai partiti.

I governi del non fare

Lazy Seals

Abbiamo avuto per anni un governo del PDL basato su un’ampia maggioranza e oggi abbiamo un governo Letta che addirittura ha l’appoggio pure del PD: in pratica un governo dittatoriale (in senso buono).

Risultati? L’economia sta morendo, la disoccupazione sale, il paese è ingessato, senza nessuna possibilità di fare la più semplice delle modifiche per affrontare l’uragano autunnale prossimo venturo.

All’occhio superficiale sembrerebbe che tutto sia bloccato dai problemi carcerari di Berlusconi, ma la verità è che la classe dirigente (non solo quella politica) ha due grossi problemi:

– non ha idea di cosa stia accadendo nel mondo
– non sa com’è fatto il paese che amministra

Questo comporta che chi governa non conosce la macchina economica e perciò incapace di trovare una qualsiasi soluzione; è come se uno dovesse tradurre i Rigveda dal sanscrito senza conoscerne la lingua.

È questa è la base dell’immobilismo di Berlusconi, ieri, e di Letta, oggi.

Ma c’è un ulteriore elemento che impedisce qualsiasi azione governativa: la paura di toccare gli interessi di un gruppo qualsiasi che cominci a strepitare.

Perché l’economia italica è oggi in gran parte fatta d’imprese e di lavori marginali, attività e impieghi di mera sopravvivenza (esclusi quei pochi settori e quelle poche aziende che vanno bene).

Ormai tutti, – l’avvocato, il commerciante, il geometra, l’assicuratore, l’artigiano, il dipendente pubblico o quello privato, il pensionato e il padrone di casa – sono a rischio di chiudere, perdere la rendita o il lavoro, se c’è un aumento di tasse, una legge più restrittiva, una modifica migliorativa che porti tagli, investimenti da fare o un’efficiente lotta all’evasione.

E questo implica che un qualsiasi intervento di aggiustamento e/o razionalizzazione porta lo scompiglio in certi settori, distrugge attività, produce disoccupazione, elimina certezze e quindi fa scemare pure il coraggio per avviare nuove imprese, investire, trasferirsi (se non all’estero).

Lo dimostra la vicenda dell’abolizione delle Province, che tutti vogliono e nessuno farà, perché comunque si tratta di abbattere una vacca da cui a vario titolo allattano in tanti, magari poco, ma che comunque allattano.

E di esempi se ne potrebbero fare a vagonate.

Ma a che serve?

A niente. Solo tempo perso, visto che, elencare cosa sia possibile fare, è solo una bella certificazione che siamo gestiti da governi del non fare.

Dallo stallo alle stelle.

Welfare

Partorito dall’accoppiamento “contro natura” fra due bande di politicanti intenti solo ad arricchirsi, il governo di Letta “Il Giovane” non ha combinato un bel nulla, salvo il patetico gesticolare del premier davanti ai giornalisti a spiegare sue strategie che non sono né efficaci e neppure fattibili, visto che le due bande non recedono un passo dalle loro strategie pre elettorali.

Il paese è in uno stallo totale. Persino i nuovi della politica – i grillini, i Renzi, i De Magistris, i Pisapia, gli Emiliano e i Marino – hanno capito che è meglio non sbilanciarsi in progetti irrealizzabili, data la mancanza cronica di denari e la loro incapacità a tagliare gli sprechi.

Ammesso che sia un bene tagliare gli sprechi o non farlo.

Perché il politicume e l’Amministrazione Pubblica se facessero qualcosa per ridurre la spesa inutile, creerebbero altri disoccupati nelle centinaia di migliaia di aziende che vivono di soldi pubblici, e se non fanno nulla, fanno crescere il debito e la necessità di tassare ancora di più.

La soluzione potrebbe essere quella di Obama e Bernake, una classica manovra keynesiana dove la spesa inutile viene convertita in spesa utile, procurando alla nazione una serie di infrastrutture e di servizi che le permettano un salto di qualitá e un affrancamento di risorse oggi bloccate.

Come lo sono le donne, schiacciate nella morsa casa-lavoro-bambini-anziani che impedisce loro di lavorare serenamente e anche di poter lavorare.

D’altra parte i paesi ricchi del Nord Europa, hanno sempre investito in servizi che – direttamente o indirettamente –  aiutano le donne, come ha dimostrato l’economista americano Peter Liendert in “Growing Public“.

Si potrebbe investire nella scuola a tempo pieno – dall’asilo all’università – eliminando ogni ipotesi di far pagare tasse scolastiche, rette e pasti a una popolazione che già oggi non ce la fa a combinare il pranzo con la cena.

Così come sarebbe vincente fare in modo che degli anziani se ne occupino le strutture pubbliche e non affidarli al fai-da-te delle famiglie, costrette ad arrangiarsi in proprio e con le badanti, magari volenterose, ma certamente non specializzate nella cura di chi ha costruito questa nazione e ha il diritto a una vecchiaia da cittadino e non da “ingombro” da gestire.

D’altra parte la spesa pubblica italica complessiva non è nemmeno piccola (rispetto al PIL e agli altri paesi UE), ma solo mal diretta e indirizzata.

Perciò, caro Letta, smetta di gesticolare e si dia da fare… se lo sa fare.